le vacanze

LE VACANZE è un dialogo nel prossimo futuro. Non così lontano come vorremmo.
In una pianura che l’innalzamento delle temperature ha reso desertica, sopravvivono piccole oasi dentro valli di colline erose. In un bambuseto che ha resistito agli incendi c’è uno stagno minuscolo, alimentato da una delle poche falde ancora attive. Qui, a mollo nel fango argilloso, due adolescenti, Tom e Lao, cercano refrigerio in una giornata torrida. I due ragazzi sono studenti, in vacanza dopo l’Esame. Per combattere l’afa fanno giochi di visualizzazione nei quali immaginano di essere in luoghi freddi, ricordano la loro infanzia, parlano di sé, dei loro amori, dei genitori ormai morti. E aspettano il Performer, un vecchio artista che gira i poderi della zona come unica attrazione rimasta.
LE VACANZE è il resoconto di una giornata di due adolescenti brillanti, eredi curiosi in un mondo estremo: Lao, con la sua fiducia nonostante tutto nella vita e nel futuro, Tom, con la sua precoce disillusione. In un mondo ormai completamente letterale, la fantasia dei ragazzi e la presenza densa, rituale, del Performer, risuonano nel vuoto con la forza di un canto estremo, in un confronto tra generazioni e educazioni diverse, unite nell’emergenza di dover dare un senso alle propaggini di umanità rimasta, in bilico, allora e sempre, tra disperazione intellettuale e volontarismo etico.

“Nell’estate simbolica delle vacanze dopo la fine del ciclo scolastico, per Tom e Lao non ci sono più interrail né viaggi low cost, non c’è nient’altro che il vecchio podere di famiglia, con un bosco di canne e uno stagno. Pur in queste condizioni essenziali, che oggi definiremmo, incautamente, primitive, i due ragazzi ripercorrono le tappe psicologiche, e rituali, di un passaggio. Un passaggio commovente a un’età adulta incerta, da vivere poi nel mondo là fuori, un mondo sempre più ristretto, semplificato, minaccioso…”
Alessandro Berti

LE VACANZE
di
Alessandro Berti
con Francesco Bianchini, Sebastiano Bronzato
e la partecipazione di Giovanni Campo
regia Alessandro Berti
danza Giovanni Campo
assistente alla creazione e organizzazione Gaia Raffiotta
disegno luci Théo Longuemare

scene costruite e decorate presso il Laboratorio di Scenotecnica di ERT
responsabile del Laboratorio e capo costruttore Gioacchino Gramolini
costruttori Davide Lago, Leandro Spadola con Tiziano Barone
scenografe decoratrici Ludovica Sitti con Sarah Menichini, Benedetta Monetti, Bianca Passanti, Martina Perrone
capo macchinista Mauro Fronzi
elettricista Salvatore Pulpito
bambuseto Elle Natura Società Agricola
creme e unguenti artigianali Erboristi Strulgador
foto Daniela Neri

produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Casavuota
grazie a Federica Iacobelli, Alice Marzocchi

Il libro Le vacanze è pubblicato nella collana I Gabbiani – letteratura teatrale per giovani lettori di Edizioni Primavera

Dicono de Le Vacanze

Le Vacanze ha il merito di affrontare il tema del riscaldamento globale con misurata delicatezza e al contempo trattandolo nella sua complessità, riuscendo a trasmettere un incisivo turbamento al cuore del pubblico senza ricorrere agli escamotage apocalittici. (…) È una conversazione tra amici che passano il tempo di una lunga giornata estiva a casa di uno dei due, cercando di sconfiggere la canicola con la forza del pensiero in assenza della possibilità di rinfrescare il fisico, e tutti gli elementi dello spettacolo sono costruiti in modo così perfetto da riuscire a far immergere lo spettatore nella stessa dimensione spaziotemporale di Tom e Lao, a sentire la stessa calura e i medesimi turbamenti, a immedesimarsi nelle battute che restano sospese nell’aria afosa. (…) Le vacanze riesce a lasciarci un’artaudiana inquietudine rispetto alla percezione del mondo in cui viviamo e al futuro a cui stiamo andando incontro, e ciò è un risultato ammirevole per uno spettacolo composto da pochi ed essenziali elementi, senza scontati colpi di scena né facili trovate emotive (significativa, a questo proposito, è la totale assenza di musica e suoni). L’abile intuizione di Alessandro Berti che lo ha scritto e diretto (con Gaia Raffiotta assistente alla creazione) è di avere considerato il riscaldamento globale non come una catastrofica minaccia dell’avvenire, bensì come un dato di fatto del presente con cui convivere, e di avere sia utilizzato che rappresentato l’arte come mezzo possibile per raggiungere l’irrequietezza necessaria a immaginare nuove forme più armoniose di esistenza futura. Le vacanze si pone dunque come uno spettacolo esemplare di teatro ecologista, con l’ulteriore merito di riuscire a suscitare sensazioni complesse con estrema semplicità a chiunque, senza il bisogno di avere alcun background di riflessioni e letture sull’arte e l’ecologia, per mettere l’umanità davanti alle sue storture.” Alex Giuzio, Altre Velocità, 28 marzo 2023

“La temperatura dello spettacolo è calda, caldissima. L’azione quindi si dilata, così come la nostra percezione vedendo quei corpi in bagno e poi sotto la doccia e di nuovo immersi nei fanghi, in un rituale continuo che ci ricorda le vacanze al mare, svuotate di qualsiasi gioia e traslate in un tempo di noia e immobilismo.
Per sfuggire a questa apatia Lao, il più fiducioso nel futuro, chiama un artista. Fa riflettere il modo in cui Performer viene ingaggiato, affittato, come una escort, da siti in cui si possono scegliere le caratteristiche per il proprio spettacolo: con o senza parola e, soprattutto, a prezzi contenuti per venti minuti. Come se il valore di un’azione fosse legata alla durata, un mercimonio quantitativo a cui anche il teatro si è piegato. L’arte diventa, sottolinea Tom, il modo in cui la borghesia trastulla se stessa per ignorare i danni commessi. Una forma di prostituzione pubblica per lavarsi gli occhi e forse la coscienza; un’accusa che chiama in causa anche noi che guardiamo lo spettacolo e loro che lo fanno. Il merito dei due inserti performativi nella struttura dello spettacolo è assolutamente evidente, in grado di dare quel senso di sospensione e silenzio, variando i ritmi e dando il tempo di sedimentare i dialoghi dei ragazzi.
Il testo sembra manifestarsi come una drammaturgia della crisi, per usare un termine caro a Peter Szondi per Cechov o Ibsen, in cui i due personaggi non fanno altro che rievocare il passato richiamando un mondo che non esiste più. Non c’è alcun sviluppo sul presente, fatta eccezione per il finale, orizzonte che pienamente manifesta l’incapacità di agire e l’apatia di cui anche noi siamo parte e che ci chiama in causa direttamente. Tutto ciò viene calato in una struttura di relazioni e di scene che invece ci ricorda Aspettando Godot di Samuel Beckett. I due moderni Vladi e Gogo non attendono più Godot, ma Performer che, a differenza della non-figura beckettiana, si manifesterà due volte soddisfacendo il bisogno di svagarsi dei due, ma i cui movimenti senza parola non daranno soluzioni ma solleciteranno nuovi interrogativi. Se però l’opera del drammaturgo irlandese raccoglieva l’insignificante del secondo dopoguerra in cui bisognava mettere in scena la crisi dell’antropocentrismo e di Dio di fronte all’olocausto e alla bomba atomica, il testo di Berti sfrutta quell’apatia all’azione riempendola di significato. C’è, insomma, lo sguardo scientifico brechtiano nella dialettica tra Tom, legato al rimpianto del passato, e Lao, fiducioso nell’utilizzo della scienza per plasmare il mondo. Tocca allo spettatore scegliere da che parte stare. (…) Dopo aver visto lo spettacolo esco da teatro giustamente turbato, ma poi mi accorgo che fuori piove. Mi viene una sensazione di freschezza dopo il caldo in cui sono stato immerso per settanta minuti. Un sollievo che si tramuta in un amaro sorriso quando penso che ad oggi mancano cinquanta giorni di pioggia, con quello che comporterà per “le vacanze” del 2023.” Emanuele Regi, Gagarin Magazine, 28 Marzo 2023

“LE VACANZE non è un testo distopico o fantascientifico: il cambiamento climatico non è il tema, è il setting, l’ambiente, ma soprattutto il posizionamento di Berti rispetto al tema. È una differenza sottile, ma significativa, e che ritroviamo, costante, in tutto il percorso teatrale dell’autore. La scelta dell’ambiente si pone come una folgorazione a metà strada tra il biografico – osservare il proprio bambino e chiedersi perché ci metta così tanto a crescere, per esempio –, il culturale e l’intellettuale. Lo scopo non è quello di istruirci su un tema o di lanciarci addosso manifesti da cucire sulle borse di tela (sostenibili!), ma di aprirsi al teatro come pratica di un ragionamento complesso, stratificato e intelligente, che si muove costantemente tra la dimensione pubblica e quella privata e che risponde a un bisogno, mai come ora urgente, di parlare e parlarsi.” Ludovica Campione, Doppiozero, 31 marzo 2023

” Il testo di Alessandro Berti lentamente e con grazia accende piccole domande nello spettatore. Le zanzare non esistono più, l’uomo le ha sterminate vincendo una sorta di guerra genetica, ma forse un insetto sopravvissuto riappare proprio ora. Berti disegna i due caratteri con precisione e ricchezza: uno è studioso, umanista e inquieto, l’altro è più sportivo, rilassato e si dedicherà alla scienza. Sullo sfondo di un chiacchiericcio apparentemente inutile si intravede la natura, la relazione con l’uomo, la dominazione sul pianeta: «hanno aumentato le proteine del riso […] ci hanno sterilizzati». Prima di questa tranquilla radura c’è stato un tempo di cambiamenti epocali, ci sono stati dei morti, i genitori sono rimasti in quel passato. Ora non rimane che addormentarsi, nella radura in cui le distopie sono sussurrate al presente.” Andrea Pocosgnich, Teatro e Critica, aprile 2023

“Le vacanze non racconta una vicenda, ma una situazione, un fermo temporale in cui si può leggere ciò che è, e anche ciò che è stato. Divorata da se stessa, dalla propria smania di conquista antropica, la specie umana si è prosciugata, decimata. Ma si è fatta anche più scaltra. Ha inventato l’editing del dna, sterminato i mali e gli insetti, ingegnerizzato il cibo. Eppure Gea, madre natura, è rimasta la più forte. Ha costretto l’homo sapiens a questa pace di sopravvivenza, alla sua enclave minoritaria, a una vita ridotta. Non c’è dolore, comunque. Così come non c’era dolore in Giorni felici di Beckett, di cui Le vacanze è l’eredità dispersa, giusto sessant’anni dopo. Un tempo enorme. Nel tempo dei Grandi Incendi milioni di uomini sono scomparsi, i genitori di Tom e Lao sono scomparsi, abitudini millenarie sono scomparse. Altre sono drasticamente mutate. O ce ne sono diverse. Con un app, per esempio, si può “affittare” un artista. (…) E come se spuntasse dal nulla il danzatore appare, una visione tra le canne. Androgino, misterioso sciamano. Per quelli che hanno vissuto “il vecchio stile” (lo chiamava così, Samuel Beckett) una specie di attore santo, Ryszard Cieślak in Il principe costante di Grotowski, o Kazuo Ohno. (…) Gesti lenti, rarefatti, orientali (ma cosa mai distingue più Occidente da Oriente?). Tom e Lao non ne sembrano soddisfatti. Sono confusi, agitati. Si domandano che posto occupi l’arte, in questo loro mondo .
Con gli occhi dei due ragazzi, Berti è bravo a leggere le complessità del presente. (Ma questo lo sapevamo già, almeno fin da quando aveva letto il successo agro-alimentare emiliano in Terra di Burro). Berti è bravo a ricordarci l’immensità del problema, senza però impartire prediche, senza dare esca ad allarmi o minacce. (…) Come quei gesti antichissimi, rituali, sacri, a cui il danzatore-sciamano ritorna, quando di nuovo ricompare. Movimenti d’arte. Gesti dello spirito. Ma intanto si è alzato di nuovo il vento, il calore sale, Lao e Tom si addormentano esausti.” Roberto Canziani, Quantescene, 5 aprile 2023

“L’idea è venuta nel primo lockdown, in quella simulazione di futuro. Da anni studio le tematiche legate al cambiamento climatico. Non avevo mai osato portarle a teatro. Oggi, con la siccità che avanza, gli incendi, l’infertilità dei suoli, la mia non è una scrittura del futuro ma del presente. L’antropocene è un «iperoggetto», citando Timothy Morton: difficile da guardare in faccia come guardavamo qualcosa nel ‘900. Questo non significa che non dobbiamo guardarlo. Io ci provo, situandolo in un piccolo podere emiliano tra qualche anno, in un bambuseto con dell’acqua argillosa che è il massimo lusso che due ragazzi possono concedersi dopo la maturità. Facciamo fatica a proiettarci nella vita dei ragazzi pakistani che dopo l’ennesima alluvione si mettono in viaggio verso Europa. Invece pensare che il nostro podere, l’unica cosa che ci hanno lasciato i genitori, perde completamente di valore, è più scioccante: improvvisamente ci risveglia e ci connette con qualcosa che riguarda già milioni di persone.” Francesca Saturnino, intervista a Alessandro Berti, Il Manifesto, 23 aprile 2023